Edilizia e Urbanistica

Composta da n. 25 esperti (5 architetti, 4 geometri, 9 giuristi – avvocati, 2 ingegneri ambientali, 4 ingegneri civili, 1 architetto – giurista) selezionati per fornire supporto agli EELL di Regione Lombardia per le seguenti Procedure Complesse.

Elenco procedure disponibili

I procedimenti per il rilascio dei permessi di costruire (PDC) costituiscono componente preponderante dell’attività amministrativa comunale in materia di edilizia ed urbanistica. La disciplina nazionale per il rilascio del permesso di costruire è contenuta all’art. 10 del DPR 380/2001, il c.d. Testo Unico per l’Edilizia.  Alla norma nazionale si affiancano le specifiche previsioni regionali della LR 12/2005 che prevedono diverse deroghe o variazioni rispetto alla previsione statale, in particolare la regione Lombardia prevede dei termini più brevi nella fase procedimentale rispetto alla normativa nazionale (art 38 LR 12/2005). Sono subordinati al rilascio del permesso di costruire tutti gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia; quindi, nel dettaglio: gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica, di ristrutturazione edilizia pesante che determinino la trasformazione di un organismo edilizio, in tutto o in parte, rispetto alla preesistenza, ovvero comportino modifica del volume e della sagoma e, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino un mutamento della destinazione d’uso.

Il Piano Attuativo rappresenta un livello intermedio tra gli strumenti urbanistici generali e lo specifico titolo abilitativo edilizio. La disciplina dei Piani Attuativi è prevista a livello statale dall’art. 28 della L. 1150/42 e a livello regionale dall’art. 14 della L.R. 12/2005, che – nel caso di piani che introducono varianti di PGT – richiama le previsioni dell’art. 13, commi da 4 a 12, L.R. 12/05. I piani attuativi sono quegli strumenti di pianificazione che discendono dall’attuazione del documento di piano. Come noto, il PGT (composto dal Documento di Piano, dal Piano delle Regole e dal Piano dei Servizi), nel Documento di Piano, individua gli ambiti di trasformazione e rimanda alla loro attuazione di dettaglio (art. 8, comma 2, lett. e) a successivi momenti (per gli indici si veda l’art. 12, comma 3, LR 12/05), secondo cui devono essere fissati in via definitiva nei Piani Attuativi, in coerenza con le indicazioni contenute nel Documento di Piano, nel termine massimo della durata dello stesso (5 anni).

Sebbene siano esperiti dai SUAP (amministrazione procedente), ai sensi dell’art. 99 l.r. 33/2009, sono di competenza delle ATS (amministrazione competente) che li istruiscono attraverso i loro dipartimenti veterinari e di sicurezza degli alimenti di origine animale. Le procedure in esame sono le seguenti: Reg. CE 852/2004 – riconoscimento degli operatori del settore alimentare (OSA) Reg. CE 853/2004 – riconoscimento degli impianti che producono alimenti di origine animale, Reg. CE 183/2005 – riconoscimento di operatori che fabbricano e/o commercializzano additivi per mangimi, Reg. CE 1069/2009 – riconoscimento di impianti che fabbricano sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati non destinati al consumo umano. Sono soggetti a riconoscimento ai sensi del Reg. (CE) n. 852/04 gli operatori del settore alimentare quali responsabili dell’adozione delle misure di sicurezza da attuare per garantire la non pericolosità dei prodotti alimentari. Per operatore del settore alimentare si intende “la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo”. Le imprese che intendono svolgere le attività di produzione, commercializzazione e deposito ai fini della commercializzazione degli additivi alimentari, aromi ed enzimi; produzione e confezionamento di prodotti destinati a gruppi specifici di popolazione; produzione e confezionamento di integratori alimentari; produzione e confezionamento di alimenti addizionati di vitamine e minerali; produzione e confezionamento di germogli ad uso alimentare. Sono soggetti a riconoscimento gli stabilimenti che trattano alimenti di origine animale e per i quali sono previsti i requisiti di cui all’allegato III del Reg. (CE) n. 853/04 (es. macelli, stabilimenti lavorazione selvaggina, salumifici, stabilimenti che lavorano i prodotti ittici, impianti per il trattamento termico del latte, impianti di produzione di burro, formaggi, creme a base di latte e altri prodotti a base di latte, impianti di confezionamento uova e produzione di prodotti a base di uova, etc.). Non sono soggetti a riconoscimento, anche se trattano gli alimenti di cui al precedente elenco, gli stabilimenti che operano esclusivamente a livello di produzione primaria, trasporto e vendita al dettaglio (dettaglianti, supermercati, ipermercati).  Sono soggetti a riconoscimento ex Reg. (CE) n. 183/2005 gli stabilimenti che svolgono le attività di fabbricazione e/o commercializzazione di additivi di mangimi; la fabbricazione ai fini della commercializzazione o produzione per il fabbisogno esclusivo della propria azienda di mangimi composti utilizzando additivi di mangimi o premiscele contenenti additivi di mangimi di cui al capo 3 dell’all. IV del Reg. (CE) 183/2005; a trasformazione di oli vegetali greggi; il trattamento oleochimico di acidi grassi; la produzione di biodiesel; la miscelazione di grassi.  Sono soggetti a riconoscimento ex Reg. (CE) n. 1069/2009 gli stabilimenti o impianti che svolgono le attività di trattamento dei sottoprodotti di origine animale, lo smaltimento, come rifiuti, mediante incenerimento dei sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati, lo smaltimento o il recupero dei sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati, se si tratta di rifiuti, mediante coincenerimento, l’uso di sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati quali combustibili, la fabbricazione di alimenti per animali da compagnia, la fabbricazione di fertilizzanti organici e ammendanti, la trasformazione di sottoprodotti di origine animali e/o di prodotti derivati in biogas o compost; la manipolazione dei sottoprodotti di origine animale (taglio, refrigerazione, congelamento, salatura, asportazione delle pelli o di materiale specifico a rischio), il magazzinaggio di sottoprodotti di origine animale; magazzinaggio di prodotti derivati destinati ad essere: smaltiti in discarica o inceneriti o destinati ad essere recuperati o smaltiti mediante coincenerimento, usati come combustibile, usati come mangimi, (esclusi gli stabilimenti o impianti registrati o riconosciuti in conformità al Reg. (CE) 183/2005); usati come fertilizzanti organici e ammendanti, escluso il magazzinaggio in un luogo di diretta applicazione.

Sono medie strutture di vendita gli esercizi commerciali per la vendita al dettaglio in area privata con una superficie di vendita oltre i 150 m2 e fino a 1500 m2 per i comuni al di sotto dei 10.000 abitanti; sono medie strutture di vendita gli esercizi commerciali per la vendita al dettaglio in area privata che hanno una superficie di vendita oltre i 250 m2 e fino a 2500 m2 per i comuni al di sopra dei 10.000 abitanti. L’attività di vendita può riguardare i prodotti del settore non alimentare, i prodotti del settore alimentare (limitatamente all’alimentazione umana) o entrambi. Sono grandi strutture di vendita gli esercizi commerciali per la vendita al dettaglio in area privata con una superficie di vendita oltre i 1500 m2 per i comuni al di sotto dei 10.000 abitanti ed oltre i 2500 m2 per i comuni al di sopra dei 10.000 abitanti. Per le grandi strutture di vendita, l’apertura, il trasferimento e l’ampliamento sono soggette ad autorizzazione amministrativa, più SCIA per prevenzione incendi, più SCIA per notifica sanitaria nel caso di vendita di prodotti alimentari, rilasciata dal comune competente per territorio, a seguito della conferenza di servizi che si tiene in Regione ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del D. Lgs. n. 114/1998. Le richieste vanno presentate al Comune competente utilizzando la modulistica approvata da R.L. con decreto dirigenziale del 27/06/2017, n. 7649.

Il Regolamento approvato con D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 ha introdotto modifiche in termini di semplificazione, individuando gli interventi sottoposti ad autorizzazione paesaggistica semplificata e quelli esclusi. In base all’art. 3 del Regolamento sono soggetti alla procedura paesaggistica semplificata gli interventi ed opere di lieve entità elencati nell’allegato B al Regolamento stesso, suddiviso in 42 punti.

L’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio delinea il procedimento volto al rilascio della autorizzazione paesaggistica necessaria per l’effettuazione di interventi edilizio-urbanistici all’interno delle aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Ai commi 1 e 2 della disposizione in questione si prevede espressamente che proprietari, possessori, detentori di immobili o aree di interesse paesaggistico non possano procedere con modificazioni che potrebbero arrecare un pregiudizio dei c.d. valori paesaggistici. A tal fine è necessario che acquisiscano previamente l’apposito provvedimento autorizzatorio da parte delle competenti autorità (controllo preventivo).

FAQ

Parere dell’esperto:

In riferimento all’ex art. 9, comma 1, L. 122/1989, Disposizioni in materia di parcheggi, “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.


Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché‚ non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici.
Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale.


I parcheggi sotterranei costruiti nel sottosuolo di aree pubbliche in diritto di superficie hanno lo  scopo di soddisfare le necessità dei residenti dell’area oggetto dell’intervento.

I parcheggi sono disciplinati da una Convenzione con “diritto di superficie” o “diritto d’uso” che ha una durata pluriennale (solitamente 90 anni a partire dalla data di sottoscrizione della Convenzione).

Essendo pertinenziale, non si pagano oneri.

 

Come indicato nella legge, il box deve essere collegato vincolato ad unità immobiliare esistente. A maggior ragione ciò avviene per il superamento delle barriere architettoniche.

 

Al comma 2 del medesimo articolo, è indicato che “l’esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta a segnalazione certificata di inizio attività”.

Al comma 2 del medesimo articolo, si riporta che “i comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell’ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse. Tale disposizione si applica anche agli interventi in fase di avvio o già avviati. La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione nella quale siano previsti … [omissis]”.

 

Viene quindi affermato che i proprietari di immobili possono realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, ma che la costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione. I regolamenti edilizi vigenti invece si applicheranno per stabilire l’eventuale onerosità, in caso per es. parcheggi pertinenziali siano parzialmente fuori terra.

 

Occorre aggiungere “l’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune. I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione” (comma così sostituito dall’art. 10, comma 1, legge n. 35 del 2012).

 

A titolo di completezza si aggiunge che i locali seminterrati richiedono che non ci sia la presenza permanente di persone (in ragione delle normative di igiene e della possibile presenza di gas radon), ma non essendo allegata documentazione alla richiesta di supporto, il punto non viene considerato nel parere richiesto.

Con DGR 5/12/2007 n. 8/6024, La Regione Lombardia, ha disciplinato la fattispecie di “apertura di medie strutture che hanno una attrazione sovralocale per le dimensioni e/o per la particolare allocazione territoriale” ,precisando che “il Comune ove ha sede la struttura deve acquisire i pareri dei Comuni contermini” (art. 2.9), tramite una procedura di confronto, che rientra nella attività consultiva di cui all’ art. 16, L. 241/90.
In tale attività i Comuni, quali organi consultivi, sono tenuti, nei tempi indicati dall’Amministrazione procedente, ad esprimere un parere adeguatamente motivato attinente l’eventuale creazione da parte della nuova struttura di vendita di problemi, ad esempio relativi al traffico o ad altre questioni di problematicità specifica.
La mancata espressione di parere equivale all’espressione di parere positivo.

La “doverosità” dell’acquisizione connota il parere come obbligatorio in quanto la PA procedente deve necessariamente domandare il parere dei Comuni contermini. Non è  previsto che la PA procedente debba decidere adeguandosi al contenuto del parere richiesto, non essendo questo previsto come “vincolante”.
Tale interpretazione è coerente  in caso di espressione, da parte della maggioranza dei Comuni interessati, di parere positivo la procedura si completa con il semplice rilascio dell’autorizzazione; in caso di espressione, da parte della maggioranza dei Comuni, di parere negativo, il Comune può procedere comunque al rilascio dell’autorizzazione, con proprio provvedimento “motivato”, anche sul perché abbia deciso di disattendere il parere.
Pertanto, nel caso di un solo parere negativo e che lo stesso  abbia una mera valenza consultiva e non risulta vincolante, si  ritiene che il Comune  proponente possa procedere a rilasciare l’autorizzazione per l’apertura della media struttura di vendita, con provvedimento motivato, anche in merito al parere negativo del comune de quo.